sabato 15 marzo 2008

Ansia: emozione di allarme

L'ansia è un fenomeno complesso e normale di cui tutti facciamo esperienza in continuazione anche se in misura e con frequenza variabili. Provare ansia è universale ed inevitabile e, come le sue sorelle paura angoscia terrore panico, è una “emozione di allarme”. La reazione di allarme di fronte all’incombere di una minaccia, di un pericolo, accomuna l'uomo a tutti gli altri animali.
Il cervello attiva tutta una serie di meccanismi fisiologici, fra i quali l'aumento della frequenza cardiaca, del respiro e del tono della muscolatura, utile ad affrontare la situazione attraverso un comportamento di eliminazione della minaccia (attacco) o di allontanamento dal pericolo (fuga). Questo comportamento di “attacco-o-fuga”, lungi dall’esser pericoloso, è una reazione naturale e automatica dell’organismo.

Più precisamente, l'ansia è uno stato emotivo sgradevole caratterizzato da un sensazione di oppressione e di attesa di un qualche evento non ben definito e spiacevole. Si è infatti spesso preoccupati e timorosi in risposta ad un vago, non identificabile pericolo, di cui non se ne capisce l'origine e tanto meno il motivo. Tale stato è accompagnato da tensione e nervosismo e da una serie di sintomi fisiologici più o meno accentuati come palpitazioni, sudorazione fredda improvvisa, tremore, nausea.

Si ha paura, invece, per qualcosa di identificale, esterno e reale: l’altezza, i luoghi chiusi o aperti, i serpenti, le malattie, ecc…

Il panico è la forma più acuta d’ansia, più intensa, con una crisi che si scatena improvvisamente e rapidamente per poi in breve tempo esaurirsi.

L'ansia costituisce percio una reazione di difesa dell'organismo (correlata con l'istinto di sopravvivenza), volta ad anticipare la percezione del pericolo prima che questo sia chiaramente identificato.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Vorrei raccontare di come sono riuscita a gestire una crisi d’ansia; può darsi che possa essere spunto di riflessione per chi, come me, soffre di questo disturbo. Premetto che da tempo sono seguita da un terapeuta e che assumo una terapia farmacologica.
La situazione è questa: sono ad una conferenza dove non conosco nessuno. Prendo posto e comincio a seguire. Ho una strana sensazione addosso, non mi sento tranquilla, è come se tutte quelle facce sconosciute avessero gli occhi puntati su di me. Il mio disagio aumenta. Mi accorgo che dietro di me ci sono due persone che stanno parlando a voce bassa, quasi ridacchiando. “Staranno sicuramente ridendo di me e dicendo che sono ridicola”, penso.
Cerco di rimettermi a seguire i vari interventi, quando di colpo avverto dei tremori. Comincio a temere di avere l’ennesima crisi di ansia. Mi risistemo sulla poltrona, frugo dentro la borsa, faccio finta di prendere appunti, ma… niente, il tremore persiste. Sento che il mio cervello “sta partendo in quarta”: “Tutti mi staranno guardando, staranno vedendo che sto tremando, penseranno che sono pazza e si chiederanno che cosa ci faccio qui.” Mi sento gelare, il cuore batte all’impazzata. Vorrei uscire dalla sala, ma allo stesso tempo l’idea di farlo mi blocca: sarei maggiormente sotto gli occhi tutti. E’ come se fossi in trappola.
Così, visto che non riesco a calmarmi, decido di arrendermi e di prendere il mio xanax. Ma mentre sto per inghiottire la pastiglia mi dico: “Non voglio cedere per l’ennesima volta. Potrei provare a reagire mettendo in pratica le strategie che mi sono state insegnate. Cercherò di fare del mio meglio”
Metto in atto il primo passo, ovvero, mi concentro sul presente: “Sono seduta su una poltrona imbottita, dalla stoffa rossa e ruvida. Le braccia appoggiano sui braccioli, la schiena ben dritta contro lo schienale, sento il peso del mio corpo sulla poltrona…”
Mi accorgo che ho smesso di tremare. So che è già un buon risultato. Tuttavia continuo ad essere molto tesa. Allora procedo con il secondo passo: provo a dialogare con me stessa, in modo indulgente, senza criticarmi: “E’ vero quando mi trovo in situazioni simili mi capita di tremare. Sono una persona ansiosa e questa è solo una mia reazione. E’ una cosa poco piacevole, ma ripetermi “smettila di tremare!” non mi serve. Ora come ora non so se gli altri abbiano notato i miei tremori. Magari non mi stavano nemmeno guardando. Non posso saperlo. E comunque, anche l’avessero notato? Potrebbero semplicemente aver pensato: “Quella persona sta tremando”, non è detto che mi abbiano giudicata. E può darsi che quei due dietro di me stessero raccontando una cosa divertente che era successa in ufficio…”
Fatto sta che dopo una decina di minuti mi sento meglio, più rilassata. Ma soprattutto sono soddisfatta perché non ho ceduto del tutto alla mia ansia.
E’ davvero incredibile quanto i nostri pensieri possano influenzare le nostre reazioni.

F. - ha detto...

Complimenti davvero, Sette!
Ha descritto perfettamente cosa può accadere in situazioni come quella e, soprattuttto, come è opportuno imparare a reagire per gestire l'ansia acuta.
Ciò che ha scritto è quello che tutti i miei pazienti mi auguro apprendano in terapia per iniziare a vivere vite più serene e tranquille, senza sentirsi ostaggio del panico.
Molto ci sarebbe da dire sull'episodio descritto, ma voglio sottolinearne due elementi fondamentali:
- la capacità di rimanere nel presente riorientando la propria attenzione da isintmmi ansiosi a ciò che succede intorno a sé (astenendosi dal giudizio catastrofico circa le proprie sensazioni fisiche e le conseguenze sociali negative),
- la modificazione del proprio dialogo interno al fine di creare spiegazioni alternative alal prima conclusione catastrofica formulata, responsaile, in gran parte, dell'aumento e del persistere dell'ansia provata).
Mi sembra che stia lavorando bene, continui così.
Grazie della testimonianza.