mercoledì 29 luglio 2009

Le emozioni.

Estate, tempo di vacanze, di svago, di divertimento e relax; tempo di ricerca di emozioni piacevoli.
Ma cosa sono per noi le emozioni? Che tipo di emozioni proviamo?
Quale significato rivestono nella nostra vita? E quali conseguenze hanno le nostre reazioni emotive, sui nostri e altrui comportamenti, pensieri e emozioni?

Spesso sento parlare di emozioni senza un precisa differenziazione, “Ho provato una grande emozione!”, o “Sono emozionato!”.
A volte di emozioni non si parla nemmeno, per esprimere ciò che proviamo, raccontiamo di eventi e situazioni, ci concentriamo su ciò che bisognerebbe fare e dire per risolvere un disagio o un problema.

La nostra cultura spesso enfatizza il controllo di sé e l’efficienza a discapito delle emozioni, forse perché vi è l’errata idea che per avere un adeguato controllo di sé, degli altri e dell’ambiente bisogna essere razionali e sia necessario dominare le emozioni. Ma la repressione delle emozioni è causa di stress, problemi psicosomatici, disturbi fisici e psicologici, perché le emozioni sono una fondamentale modalità di conoscenza di se stessi e degli altri. Sono innate, allertano, orientano e predispongono all’azione e svolgono un’importante funzione sociale di segnalazione dello stato di benessere proprio e altrui, determinando la formazione e il mantenimento dei legami affettivi.

Per non perdere il controllo di sé è pertanto importante riconoscere, accettare ed esprimere adeguatamente le emozioni.

Uno dei motivi alla base della tendenza a reprimere le emozioni, con lo svantaggio di non imparare a identificarle, accettarle ed esprimerle, impoverendo così la propria vita interiore e soprattutto mantenendo inalterati i disagi personali e interpersonali, risiede nelle convinzioni e nelle credenze errate riguardo le emozioni apprese nel corso della vita.
Tra queste, le più diffuse, sono allo stesso le più “nocive” e riguardano l’idea che:

-esiste un modo giusto di sentirsi in ogni situazione;
-far sapere agli altri o far vedere che si sta male è sia un segno di debolezza, sia un pericolo, perché gli altri potrebbero approfittarne e farci del male;
-provare emozioni negative (rabbia, tristezza, paura, le più comuni) è pericoloso e catastrofico;
-provare alcune emozioni sia stupido e sia indice di stupidità o immaturità;
-essere emozionati significa aver perso il controllo; non bisogna provare emozioni dolorose, perché creano disagio (insopportabile ed eterno);
-le emozioni dolorose non sono importanti, provarle non è utile, devono essere ignorate.

lunedì 13 luglio 2009

Cosa accade durante l'EMDR



Durante l’EMDR, il terapeuta lavora con il paziente per l’identificazione del problema specifico, oggetto della terapia.
Utilizzando un protocollo strutturato, il terapeuta guida il paziente nella descrizione dell’evento o dell’aspetto disfunzionale, aiutandolo a scegliere gli elementi disturbanti importanti. Viene chiesto al paziente quali pensieri e convinzioni ha mentre richiama l’aspetto peggiore o più disturbante dell’evento. Il terapeuta aiuta l’elaborazione mediante movimenti guidati degli occhi, o altre stimolazioni bilaterali degli emisferi cerebrali.
Durante i set di movimenti oculari, il paziente rivive vari elementi del ricordo iniziale o di altri ricordi. Il terapeuta interrompe i movimenti oculari ad intervalli regolari, per accertarsi che il cliente elabori adeguatamente da solo. Il terapeuta facilita il processo prendendo decisioni cliniche relative alla direzione dell'intervento.

L’obiettivo è l’elaborazione rapida delle informazioni relative all’esperienza negativa da parte del paziente, fino ad una sua “risoluzione adattiva”.

Durante l’EMDR il paziente può provare emozioni intense, ma al termine della seduta, la maggior parte delle persone riferisce una notevole riduzione nel livello di
disturbo associato all’esperienza traumatica.
Nelle parole della dott.ssa Shapiro: una riduzione della sintomatologia, ad un cambiamento nelle convinzioni negative del cliente verso quelle positive nuove, ed alla prospettiva di una funzionalità ottimale.

Il “triplice approccio” globale utilizzato nell’EMDR si rivolge
1) alle esperienze passate,
2) alle attuali cause di stress,
3) ai pensieri ed alle azioni desiderate per il futuro.

Il trattamento con l’EMDR può durare da un minimo di 1-3 sedute, ad un anno e più per i problemi più complessi. Il tipo di problema, le circostanze di vita e l’entità dei traumi passati determineranno il numero di sedute necessarie.
L’EMDR può essere utilizzato nell’ambito di una psicoterapia tradizionale.

Cos'è l'EMDR?



L’EMDR, Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari, è un metodo psicologico per il trattamento delle difficoltà emotive causate da esperienze di vita disturbanti, con una gamma che va dagli eventi traumatici quali combattimenti, aggressioni personali e disastri naturali, ad eventi disturbanti dell’infanzia. L’EMDR viene anche usato per risolvere l’ansia da prestazione e per migliorare il funzionamento delle persone sul lavoro, in ambito atletico ed artistico.

E' un metodo complesso che mette assieme elementi provenienti da orientamenti teorici clinici ampiamente accettati, come ad esempio quello psicodinamico, cognitivo, comportamentale, e quello centrato sul cliente.
Per molti clienti l’EMDR offre un sollievo dalla sofferenza emotiva legata ad esperienze truamatiche più rapidamente rispetto alle terapie convenzionali.

Nel 1987 la psicologa Francine Shapiro scoprì su di sé che i movimenti oculari volontari riducevano l’intensità dei pensieri negativi disturbanti. La dottoressa Shapiro iniziò uno ricerca (Shapiro 1989) per esaminare l’efficacia dell’EMDR nel trattamento di veterani della guerra del Vietnam vittime di traumi e nelle vittime di abusi sessuali. L’EMDR ridusse significativamente i sintomi del disturbo da stress post-traumatico PTSD) nei soggetti di questa ricerca.