giovedì 24 aprile 2008

Come la famiglia e gli amici possono aiutare le persone depresse


La cosa più importante che qualcuno possa fare per una persona depressa è aiutarla a trovare una diagnosi e un trattamento appropriati.

Questo può voler dire incoraggiare la persona a continuare il trattamento fino a che i sintomi iniziano a diminuire (diverse settimane) o cercare trattamenti alternativi se non ci sono miglioramenti evidenti.

A volte ciò può significare prendere un appuntamento o accompagnare la persona che soffre dal medico. Può voler anche dire, monitorizzare l'uso regolare dei farmaci prescritti dal medico alla persona depressa. Si dovrebbe incoraggiare la persona depressa a seguire i consigli del medico riguardo all’uso di alcolici durante l’assunzione di farmaci.

La seconda cosa più importante che si dovrebbe offrire alla persona che soffre di depressione è il supporto morale ed emotivo: essere comprensivi, pazienti, affettuosi e incoraggianti.

Impegnate la persona depressa in discussioni e ascoltate attentamente. Non sottovalutate (svilite) i sentimenti espressi, ma fate vedere la realtà e offrite speranza. Non ignorate i commenti su ipotesi di suicidio, riferirteli al terapeuta della persona depressa.

Invitate la persona depressa a fare una passeggiata, ad uscire, ad andare la cinema e a intraprendere altre attività. Siate gentili nell’insistere se il vostro invito viene rifiutato.
Incoraggiate la partecipazione alle attività che un tempo erano piacevoli, come gli hobby, lo sport, la religione e le attività culturali, ma non spingete la persona depressa ad fare troppo, troppo presto. La persona depressa ha bisogno di passatempi e compagnia, ma troppe richieste possono aumentare i sentimenti di fallimento e impotenza.

Non accusate la persona depressa di far finta di star male o di essere un fannullone e non aspettatevi che reagisca da sola, “la smetta di compiangersi” o si “liberi” dalla depressione con un po’ di buona volontà.

Generalmente, mediante il trattamento, la maggior parte delle persone migliora. Ricordatelo e continuate a rassicurare la persona depressa che, col tempo e l’aiuto, si sentirà meglio.
Sostanzialmente è necessario evitare di far leva sulla “forza di volontà” e sulla “colpevolizzazione”; la persona depressa a causa della malattia è già in preda ai sensi di colpa e privo di energia vitale.

E’ necessario, invece, stimolare la ricerca di un aiuto specialistico e continuare a sottolineare che la condizione depressiva è transitoria.

13 commenti:

Ale ha detto...

Salve, sto apprezzando molto queste pagine, trovate cercando informazioni sulla tecnica dell'ABC.
Una mia carissima amica all'ottavo mese di gravidanza soffre di disturbi ossessivi compulsivi.
Si fida molto di me, ma non possiamo frequentarci (ci sentiamo diverse volte per telefono o ci scriviamo per e-mail) perché io ho un gatto e lei ha il terrore di contrarre la toxoplasmosi. Questo la porta anche ad avere anche moltissimi problemi con l'alimentazione e con la vita sociale. La mia partecipazione alle sue difficoltà è basata solo sull'empatia, non ho alcuna preparazione in materia. La mia amica ha finalmente accettato di fare un percorso con una psicoterapeuta. Essendo in stato interessante non vuole prendere farmaci e la terapia riesce a darle solo qualche ora di "fiato" prima di tornare a pensare alle difficoltà che incontra quotidianamente, alla sensazione di inadeguatezza che la pervade e agli episodi che hanno scatenato gli ultimi attacchi di panico (ne affronta almeno uno al giorno).
Ho la sensazione che il marito abbia bisogno di una mano, ma è un ragazzo molto riservato e tende a minimizzare il problema con chiunque. E' comunque la persona più a contatto e quando diminuisce la sua comprensione per le difficoltà che affronta la moglie e per le tecniche di evitamento che attua, aumenta la paura della mia amica di perdere il marito ... complicando ulteriormente la situazione.
Che io sappia hanno fatto una seduta insieme dalla psicoterapeuta, ma non sarebbe il caso che anche lui seguisse un percorso di supporto?
La percezione che ha la famiglia della mia amica è che la gente non sia in grado di capire questo tipo di patologia e questo li sta portando all'isolamento.
Io sto cercando di essere presente anche per la madre e la sorella, almeno per dar loro la possibilità di sfogarsi e lasciare che i loro pensieri possano essere espressi senza "vergogna".
Ma la situazione diventa ogni giorno più complessa ...

Purtroppo non vivo in piemonte, altrimenti l'avrei contattata direttamente, dottor Tabiani. Spero comunque di poter avere qualche ulteriore aiuto e spunto di riflessione leggendo le sue pagine.

La ringrazio per l'aiuto che mi ha già fornito "implicitamente".

F. - ha detto...

La ringrazio per gli attestati di stima :-)
cercherò di darle qualche rispsota, anche se il discorso è molto comlesso.
nella maggioranza dei casi è opportuno che chi è coinvolto nelle dinamiche familiari più strette con la persona che soffre posas seguire un percorso (anche breve) non necessariamente di terapia personale, ma "solamente" di educazione al disturbo in oggetto, per capire come funziona, come gestirlo e come aiutare la persona che ne soffre e perchè e manifestare il proprio disagio e imparare a gestirlo al meglio.
questo tipo di distrubo non è di facile comprensione, soprattutto perchè ad occhi non esperti le sue manifestaioni possono sembrare strane se non addirittura bizzarre. e chi ne soffre può vergognarsi dei propri pensieri e di ciò che fa. questo non aiuta ad afforntare coretttamente e con forze il problema, perchè c'è il rischio di manifestare una depressione secondaria al principale problema d'ansia.
il DOC è un disturbo subdolo, che richiede molto impegno, ma le tecniche terpaeutiche per contrastarlo e superralo sono piuttosto efficaci, è indispensabile che si intraprenda la terapia più opportuna per questo tipo di distrubo.
la difficoltà a prendere farmaci può rallentare i progressi, ma questo non vuol dire che da sola la terapia non può dare queche sollievo.
è importante capire che i penseri ossessivi, in realtà, sono piuttosto comuni e normali, ciò che li rende ossessivi è il non accettare di averli e il valutarli in uncerto modo.
"normalizzare" questo aspetto può essere un primo passo teraputico. certo molte persone non capiscono coas succede, ma ogni attività ossessiva ha una motivazione. capire la motivazione è capire il particolare modo di giudicazre e valutazre i pensier ossessivi e le condotte compulsive della persona. inoltre, le compulsioni agiscono da fattori di mantenimento delle ossessioni e dell'ansia ad esse associate, più evito e controllo ad es. e pià il _DOC si mantiene nel tempo e si fa più forte.
il modo milgiore per uscirne è uqello di evitare di evitare e di fare compulsioni e di lasciare che l'ansia vada via da sola, senza a gire una complusione. questa procedura terapeutica si chiama esposizione e prevenizione della risposta, sembra semplice e banale, ma è molto delicata ed è opportuno che solo terapeuti cognitivi e comportamentali esperti addestrati aiutino la persona ad affrontare questi passi. inoltre, oltre a rompere il condizionamento tra ossessione-ansia-compulsione-ossessione è fondamentale "ristrutturare" tutte quelle convinzione personali resonsabili della particolare valutaione di quei pensieri che la persona identifica come intrusivi e che non accttati e, soppressi ed evitati divengono assillanti.

Ale ha detto...

Grazie per la dettagliata risposta.
Aggiungo solo che la terapeuta ha ritenuto impossibile applicare l'esposizione e prevenizione della risposta dato il livello del problema e lo stato interessante nel quale si trova la mia amica. L'ha esonerata per esempio dal preparare il cibo per sé o per gli altri (lei accetta che il pasto venga preparato solo da 3 persone a lei vicine, possibilmente sotto il suo controllo ... situazione che rende la preparazione e la consumazione del pasto un momento pieno di tensione da parte di tutti).
L'unica pratica che le ha imposto è la compilazione dell'ABC per cercare di interrompere il circolo dei pensieri dopo l'attacco di panico. E' necessario però che qualcuno le dica di farlo ...

F. - ha detto...

Se la terapeuta ha ritenuto di agire così avrà di sicuro le sue ragioni. avere fiducia, in questi casi è la cosa migliore.
In ogni caso, per motivi puramente accademici, ci tengo a sottolineare che la tecnica di Esposizione con Prevenzione della Risposta (ERP) è cmq molto versatile e può essere applicata in modo flessibile. Rimane il fatto che, pur essendo la tecnica terapeutica più efficace per il DOC può essere molto difficile attuarla per il paziente, soprattutto se perdurano le convinzioni riguardo la necessità di agire le complusioni. in questi casi un intervento volto a milgiorare la motivazione all'suo della tecnica risulta indispensabile. Nel caso specifico, inoltre, la presenza di attacchi di panico, non aiuta e un intervento mirato alla loro gestione può essere utile.
la paura dei sintomi d'ansia e della paura in generale è l'aspetto principale del panico, a ciò si può sommare l'ansia derivante dalle ossesioni e le convinzioni negative che la persona ha nei confronti della propria ansia (p.e. "non riesco a tollerarla!") e delle conseguenza negative dell'ansia (p.e. "se continua a star male, impazzisco, muoio o perdo il controllo!")

Ale ha detto...

Ancora grazie per le spiegazioni chiare e dettagliate.
Sono sicura che non si debba mettere in discussione la terapeuta ... questo tipo di notizia mi aveva dato il senso della gravità della situazione che sta affrontando la mi amica ...

Ale ha detto...

Sono al fianco della mia amica, seppure a distanza per i motivi spiegati precedentemente, in questo momento nel quale si stanno sommando tutta una serie di eventi che la portano a sentirsi sempre più sola e non capita: la psicologa è in ferie per una settimana (si è resa comumque disponibile telefonicamente!), la sorella sta partendo per 10 giorni di ferie, è iniziato il periodo di astensione dal lavoro (molto più tempo per pensare ...) e sta crescendo la tensione in famiglia per diverse situazioni contingenti, non ultima quella derivante dai suoi evitamenti ...
gli attacchi di panico si susseguono e si sta generando in lei un'altra paura ... quella di far male al bambino (che dovrà nascere nella prima decade di settembre) ... mi chiede di starle vicino, di non abbandonarla ... ma concretamente come posso aiutarla?? Per ora la consolo e la tranquillizzo sulle sue paure, ma ci sono momenti nei quali non mi risponde neanche al telefono ...

F. - ha detto...

La situazione così descritta non è sicuramente facile. Sono sicuro che lei stia già facendo il possibile per aiutare la sua amica, cerchi di non cadere in un eccessivo senso di colpa, non aiuterebbe nè lei, nè la sua amica.
Il modo milgiore per starle vicino, non è tanto rassicurarla, atto che potrebbe rinforzare le sue compulsioni, quanto incoraggiare la persona a pensare alle proprie paure e pensieri utilizzando i termimi della terapia proposta. Ricordarle i suggerimenti e il modello terapeutico può essere utile.
Il problema iniziale con i pazienti che sofforno di disturbo ossessivo-compulsivo riguardo il fatto che sono convinti delle proprie valutazioni circa il significato dei pensieri intrusivi/ossessivi. Il primo passo, perciò, è quello di sviluppare una maggior consapevolezza del ruolo delle loro convinzioni/valutazioni che stanno alla base della loro sofferenza. Generalmente queste convinzioni rientrano nelle categorie della fusione pensiero/evento o pensiero/azione, in cui i confini tra pensiero ed eventi/azioni diventano labili e confusi. Per es. potrebbero pensare che il fatto di avere un certo pensiero possa far accadere un evento o il fatto di avere un certo pensiero significhi che probabilmente (o sicuramente) è già accaduto ("Se penso che posso far del male al bambino, allora probabilmente lo farò"). Questa convinzione porta al comportamento di evitamento di qualsiasi contatto con il bambino.

Ale ha detto...

Approfitto ancora di queste pagine per chiedere se il DOP si può considerare "contagioso". Finalmente è nato il bambino della mia amica e lei sembra aver acquisito dal parto una forza inaspettata (penso che sia intervenuta la consapevolezza di aver superato un passo che le provocava molte ansie). A questo punto è il marito che è diventato iperprotettivo nei confronti del figlio ed è arrivato a sentirsi male fisicamente all'idea che il piccolino possa essere sottoposto ad un piccolo intervento. Vivendo a stretto contatto con questa famiglia mi sono resa conto che si trasmettono l'ansia l'un l'altro ...

F. - ha detto...

Il DOC non è contagioso, ma è indubbio che un ambiente familiare che trasmette vulnerabilità e pericolo sia al suo interno sia nei riguardi del mondo esterno può influire sulla crescita psicologica dei propri membri rendendoli, non sicuramente, ma probabilmente, vulnerabili all'ansia in età scolare e/o adulta.

Anonimo ha detto...

Salve,

ho deciso di postare un commento perchè mi sento come coinvolta in una situazione simile. Sto assieme alla mia ragazza da quasi un anno; purtroppo dopo 3 mesi, durante un concerto a cui l'avevo portata, ha iniziato a soffrire di un bruttissimo attacco di panico, il primo della sua vita, a cui ho cercato subito di dare conforto e di calmarla. Da li, è come se fosse caduta in un turbine di emozioni in contrasto con il costante fatto di non amarmi, ma continuando a voler stare con me perchè senza non riusciva e continuando a dimostrarmi attenzioni. Ci sono state fasi del rapporto in cui ci siamo mollate, sempre a causa sua e sinceramente non so piu come aiutarla. é andata dal una psicologa per 2 o 3 mesi e avendo speso 700 euro nn ha concluso nulla. Come posso fare? per me è difficile.
Ringrazio e saluto.

J

F. - ha detto...

Caro J,
al di là del prezzo variabile di una psicoterapia, 2 o 3 mesi di solito non bastano per un trattamento risolutivo di un disturbo d'ansia, anche se dovrebbero, in ogni caso, portare qualche risultato.
Detto questo, dalle sue parole, mi pare che il problema poggi su un conflitto tra il desiderio di autonomia e il bisogno di sicurezza personale della sua ragazza. Problema che si riflette nelle relazioni affettive di attaccamento attraverso fughe e riavvicinamenti, magari anche burrascosi.
A volte il partner si trova ad assecondare troppo le richieste di protezione e rassicurazione dell'altro, alimentandone l'incapacità a "stare da solo".
Rifletterei su quanto il suo ruolo sia strumentale ai bisogni dell'altro in una relazione affettiva che non dovrebbe essere unilaterale, ma basarsi su uno scambio reciproco.
Buona fortuna.

Una20ennedisperata ha detto...

Salve,sono figlia di una madre che credo sia depressa..Ha 53 anni, e ha passato una vita difficile a causa del fallimento del suo matrimonio che non ha ancora interrotto dal punto di vista giuridici..Infatti i miei genitori vivono nella stessa casa insieme a me..Da un po' di tempo a questa parte ho iniziato a notare degli atteggiamenti ossessivi..Crede che alcuni parenti compreso suo padre siano dei pedofili..E mi dice delle cose bruttissime che non hanno alcun fondo di verità..Si rifiuta di farsi curare pur essendo consapevole dei suoi problemi..Non so come fare..E' diventata una situazione insostenibile..Le sue affermazioni mi fanno soffrire..

F. - ha detto...

Cara 20enne,

la situazione da te descritta è sicuramente difficile. Ed è molto difficile poter scrivere qualcosa di preciso ed esaustivo in un commento.
Mi sento di dirti di provare ad esprimere a tua mamma il tuo disagio e, allo stesso tempo, a non squalificare le sue paure, ma di cercare di comprenderle esplorando magari insieme a lei le reali motivazioni dietro queste accuse. Cercare una collaborazione, piuttosto che insistere nella persuasione, potrebbe aiutarla ad accogliere più favorevolmente il consiglio di appoggiarsi a persone qualificate per "digerire" eventuali traumi passati.
Non escluderei che tu stessa possa cercare una relazione di aiuto protetta in cui esprimere il tuo stesso disagio nei confronti del difficile momento di vita che stai passando.
Un forte saluto di incoraggiamento.