giovedì 24 aprile 2008

Le tre leggi dell'ansia

Comprendendo cos’è il panico, apprendendo le abilità per controllarne sia i sintomi cognitivi (paura di morire, di perdere il controllo, ecc…), sia quelli fisici (come tachicardia o senso di soffocamento) ed esponendosi a tutte le situazioni e a tutti i sintomi temuti, è possibile superare gli attacchi di panico. Perché un intervento funzioni è opportuno prima di tutto capire le tre leggi dell’ansia (così come le hanno formulate gli psicologi cognitivi e comportamentali Sanderson e Klosko).

Primo: l’attacco di panico non è pericoloso. Durante un attacco state provando una “risposta di attacco-o-fuga” (come visto nel primo articolo): è sgradevole, ma non reca alcun danno psicologico o fisico. Piuttosto ascoltate il loro messaggio, legati ai momenti di stress che state subendo, parlano della vostra vita. Individuate le vostre fonti di stress.

Secondo: il panico passa sempre. L’ansia ad un certo punto finisce e si esaurisce in tempi brevi. Se il panico dura più di pochi minuti molto probabilmente state facendo qualcosa che lo mantiene. E questo ha a che fare con il modo con cui considerate gli attacchi stessi; in altre parole, è ciò che pensate degli attacchi di panico che li rende molto più minacciosi di quanto in realtà non lo siano. E’ il pensiero catastrofico “E se… (…fosse un infarto? …impazzissi? …svenissi? …facessi una brutta figura? …soffocassi?, ecc…)” che porta ad avere il panico. Pensando in maniera catastrofica si getta benzina sul fuoco del vostro panico. Questi pensieri sorgono spontanei, è possibile, però, imparare a pensare in maniera più realistica ed equilibrata, prima, durante e dopo un attacco di panico. Attraverso questa modificazione degli schemi di pensiero, si acquisisce il controllo sul problema.

Terzo e fondamentale: l’esposizione ai sintomi diminuisce l’ansia, l’evitamento l’aumenta e la mantiene forte e viva. Molto spesso anche se si comprende che non si muore di infarto durante un attacco di panico, la paura e le emozioni negative restano invariate. Venendo a contatto con la paura e reagendo in modo diverso ad essa (cioè non fuggendo o evitando, ma rimanendo nella situazione), “insegniamo” al nostro cervello a rompere l’associazione tra stato di disagio e situazione (ad es. paura di prendere un mezzo pubblico) e gli insegniamo ad associare alla stessa situazione qualcosa di diverso: uno stato di rilassamento, calma e fiducia (cambiando così l’emozione che proviamo). Per esempio, col tempo e la costante pratica, cercando di aumentare la frequenza cardiaca con l’esercizio, o scatenando le sensazioni di testa leggera e i sintomi respiratori, o rimanendo nelle situazioni temute (come per esempio prendere il treno), impareremo a non avere più paura di quei sintomi e a ridurli considerevolmente.

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