Marco ha sei anni. Gli piace molto disegnare e una volta completato un disegno lo mostra orgoglioso alla mamma. Lei lo ringrazia, gli fa i complimenti e lo abbraccia affettuosa, spronandolo a continuare così. Marco torna nella sua cameretta e inizia un nuovo disegno.
Questa sera la famiglia di Marco ha ospiti a cena, la mamma è impegnata e concentrata a cucinare. C’è molto da fare, è sola, le piace molto cucinare, ma inizia a sentire un po’ di stanchezza, dopo molte ore passate affaccendata sui fornelli.
Marco ha completato un altro disegno. Sorridente lo porta alla mamma, ma non riceve molta attenzione. La mamma è sbrigativa e lo invita a tornare a giocare. Marco insiste, la mamma si spazientisce: “Non mi seccare! Non vedi che ho da fare?”. Marco prova disagio e arrabbiato torna in camera sua; non è la prima volta che ciò succede, ricorda. Marco non comprende, è agitato: a volte è premiato quando fa dei disegni, la mamma ha piacere quando glieli mostra, altre volte invece è punito, la mamma si arrabbia e lo respinge. All’idea di portare alla mamma un nuovo disegno, Marco entra in ansia, ha difficoltà a capire se la mamma è di buono o cattivo umore, non sa cosa aspettarsi.
Quando si viene premiati e puniti per uno stesso comportamento proviamo disagio e frustrazione e iniziamo ad essere insicuri delle nostre decisioni.
L’atteggiamento della mamma di Marco è chiamato comportamento imprevedibile o incoerente.
Nel momento in cui siamo oggetti del comportamento incoerente, per sottrarci dallo stato di disagio e per eliminare il senso di frustrazione, spesso reagiamo in modo aggressivo o passivo. Ad esempio una ragazza che riceve dal compagno affettuosi complimenti per avere indossato una certa gonna, quando decide di farsi di nuovo bella per lui e il ragazzo non sembra notarlo o fa commenti sulla vistosità del trucco, potrebbe chiudersi in se stessa, “portare il muso” o arrabbiarsi, sentendosi incompresa.
Nonostante non sia una strategia manipolativa come la colpevolizzazione o l’inferiorizzazione (approfondite negli articoli precedenti) l’effetto di tale comportamento è molto simile: sviluppa disagio, frustrazione, insicurezza e dipendenza.
Non sempre il comportamento imprevedibile è intenzionale, agito, cioè per far sentire sbagliati gli altri, anzi, il più delle volte, come nell’esempio precedente, è del tutto involontario, chi cade nell’incoerenza e nella contraddittorietà spesso non se ne accorge.
Negli altri articoli sotto l'etichetta "assertività" trovate alcuni modi studiati e insegnati in psicologia per far fronte alle critiche e ai comportamenti manipolativi.
martedì 11 agosto 2009
Le critiche distruttive: la colpevolizzazione.
Nell’articolo precedente abbiamo distinto le critiche costruttive da quelle manipolative (o distruttive). Ora approfondiremo l’utilizzo di queste ultime, ricordando che le critiche manipolative si possono suddividere in quattro categorie: la colpevolizzazione, l’inferiorizzazione, l’imprevedibilità e la benevolenza.
Colpevolizzando l’altro si cerca di ottenere ciò che si vuole sperando che l’interlocutore ceda sotto la pressione del senso di colpa e accetti le nostre richieste e le nostre opinioni.
Il comportamento colpevolizzante viene usato principalmente per ridurre il proprio disagio e per ottenere dagli altri ciò che vogliamo.
Ecco alcuni esempi di frasi colpevolizzanti:
- “mi fai stare male”;
- “non mi capisci”;
- “io che ho fatto tutto questo per te”;
- “se non mi chiami, sto male”;
- “non mi ami come ti amo io”;
- “i veri amici si comportano in un altro modo”;
- “possibile che tu non riesca a fare nulla di buono?, quel tuo amico, lui si, che prende sempre ottimi voti”, ecc…
Non sempre, però, chi colpevolizza prova disagio. Ad esempio, la persona aggressiva può non sentirsi a disagio nel manipolare gli altri, perché è abituata a ricorre alla colpevolizzazione come mezzo di comunicazione. La persona tendenzialmente passiva, invece, quando colpevolizza, si sente in colpa.
Come riconoscere un comportamento passivo quando qualcuno riceve una colpevolizzazione?
Ci sono tre possibili risposte.
- Uno: il passivo sente disagio e per ridurlo subisce. L’incremento del senso di frustrazione e l’impotenza provate alla sottomissione diminuisce e conferma la sua già bassa autostima.
- Due: prova disagio e aggredisce contrattaccando. Il rapporto o la comunicazione con l’altro probabilmente si incrinerà o finirà.
- Tre: prova disagio, ma riesce a gestire la situazione. Purtroppo il senso di colpa che inevitabilmente prova, in futuro, renderà più probabile la messa in atto degli abituali comportamenti passivi: reagire ad una manipolazione subendo e “tenendo tutto dentro”.
Come potrebbe reagire, invece, un aggressivo quando viene colpevolizzato?
Difficilmente subirà la manipolazione, ma contrattaccherà con un’altra critica manipolativa. O per di ridurre il disagio provocato dalla colpevolizzatone dell’altro oppure perché, anche senza provare sensi di colpa, la persona aggressiva aggredisce in quanto questo è il suo stile di comportamento più comune.
E’ importante, infatti, comprendere che non tutte le persone che usano critiche manipolative lo fanno con l’intenzione di ferire o creare disagio agli altri. Spesso, anzi, è una mancanza di abilità sia a elargire critiche costruttive, sia a chiedere ed a esprimere ciò che si desidera e si pensa. E’ possibile e opportuno, quindi, imparare nuove modi di relazionarci agli altri.
Altre volte, le persone possiedono queste abilità sociali, ma è l’ansia che deriva nel metterle in atto in varie situazioni che impedisce loro di comportarsi in maniera adeguata, senza provare disagio. Infine la persona assertiva, in possesso cioè di adeguate abilità sociali, è in grado di rimanere ferma nelle sue posizioni e di eludere le critiche manipolative senza sentirsi in colpa e senza aggredire l’altro.
Nei prossimi articoli affronteremo l’uso dell’inferiorizzazione e del comportamento imprevedibile e successivamente vedremo quali sono le abilità sociali più efficaci per gestire le critiche manipolative senza provare disagio.
Colpevolizzando l’altro si cerca di ottenere ciò che si vuole sperando che l’interlocutore ceda sotto la pressione del senso di colpa e accetti le nostre richieste e le nostre opinioni.
Il comportamento colpevolizzante viene usato principalmente per ridurre il proprio disagio e per ottenere dagli altri ciò che vogliamo.
Ecco alcuni esempi di frasi colpevolizzanti:
- “mi fai stare male”;
- “non mi capisci”;
- “io che ho fatto tutto questo per te”;
- “se non mi chiami, sto male”;
- “non mi ami come ti amo io”;
- “i veri amici si comportano in un altro modo”;
- “possibile che tu non riesca a fare nulla di buono?, quel tuo amico, lui si, che prende sempre ottimi voti”, ecc…
Non sempre, però, chi colpevolizza prova disagio. Ad esempio, la persona aggressiva può non sentirsi a disagio nel manipolare gli altri, perché è abituata a ricorre alla colpevolizzazione come mezzo di comunicazione. La persona tendenzialmente passiva, invece, quando colpevolizza, si sente in colpa.
Come riconoscere un comportamento passivo quando qualcuno riceve una colpevolizzazione?
Ci sono tre possibili risposte.
- Uno: il passivo sente disagio e per ridurlo subisce. L’incremento del senso di frustrazione e l’impotenza provate alla sottomissione diminuisce e conferma la sua già bassa autostima.
- Due: prova disagio e aggredisce contrattaccando. Il rapporto o la comunicazione con l’altro probabilmente si incrinerà o finirà.
- Tre: prova disagio, ma riesce a gestire la situazione. Purtroppo il senso di colpa che inevitabilmente prova, in futuro, renderà più probabile la messa in atto degli abituali comportamenti passivi: reagire ad una manipolazione subendo e “tenendo tutto dentro”.
Come potrebbe reagire, invece, un aggressivo quando viene colpevolizzato?
Difficilmente subirà la manipolazione, ma contrattaccherà con un’altra critica manipolativa. O per di ridurre il disagio provocato dalla colpevolizzatone dell’altro oppure perché, anche senza provare sensi di colpa, la persona aggressiva aggredisce in quanto questo è il suo stile di comportamento più comune.
E’ importante, infatti, comprendere che non tutte le persone che usano critiche manipolative lo fanno con l’intenzione di ferire o creare disagio agli altri. Spesso, anzi, è una mancanza di abilità sia a elargire critiche costruttive, sia a chiedere ed a esprimere ciò che si desidera e si pensa. E’ possibile e opportuno, quindi, imparare nuove modi di relazionarci agli altri.
Altre volte, le persone possiedono queste abilità sociali, ma è l’ansia che deriva nel metterle in atto in varie situazioni che impedisce loro di comportarsi in maniera adeguata, senza provare disagio. Infine la persona assertiva, in possesso cioè di adeguate abilità sociali, è in grado di rimanere ferma nelle sue posizioni e di eludere le critiche manipolative senza sentirsi in colpa e senza aggredire l’altro.
Nei prossimi articoli affronteremo l’uso dell’inferiorizzazione e del comportamento imprevedibile e successivamente vedremo quali sono le abilità sociali più efficaci per gestire le critiche manipolative senza provare disagio.
Gestire le critiche (seconda e ultima parte).
In questo articolo concludiamo la panoramica sulle più comuni ed efficaci tecniche di gestione assertiva delle critiche manipolative, approfondendo l’annebbiamento e l’inchiesta negativa.
L’annebbiamento è utile quando si viene messi sotto pressione per fare qualcosa che non interessa e che non si vorrebbe fare.
Consiste nel creare una sorta di “banco di nebbia”, con l’intento di “confondere”. Si ascolta ciò che la persona dice e si decide se si desidera aderire o meno. Se non lo si desidera, usando le parole dell’altra persona o simili, si riconosce il suo bisogno, ma si dichiara il proprio punto di vista. In questo modo si dimostra all’altro di aver compreso la sua richiesta, ma di non avere intenzione di accettarla. Quando si è oggetto di critiche l’uso dell’annebbiamento permette di dare ragione all’interlocutore negli aspetti più costruttivi e reali della critica, rigettando, però, l’idea di farsi coinvolgere in ulteriori discussioni. Questo è un modo gentile per dire "No" e allo stesso tempo offre l’opportunità di riflettere se la critica che viene rivolta è fondata.
Ecco alcuni esempi:
- richiesta/critica: “Non mi stai aiutando (colpevolizzazione). Sei un egoista (inferiorizzazione).”
Annebbiamento: “Forse hai ragione.”;
R: “Non capisci mai niente (inferiorizzazione).”
A: “Posso non capire. E’ possibile che tu abbia ragione.”;
R: “Siamo sempre in ritardo (colpevolizzazione).”
A: “Sì, è vero, arriviamo sempre in ritardo.”
L’annebbiamento deve essere espresso con un tono calmo, come se si stesse riflettendo sulle parole dell’altro. Di fatto, è meno probabile che si venga manipolati a fare qualcosa che non si vorrebbe fare, si riconoscono i bisogni degli altri e si esprime l’intenzione di cambiare solo se lo si giudica opportuno e non a causa delle insistenze altrui.
Attraverso l’inchiesta negativa si invita la persona che ci rivolge una critica a fornire ulteriori spiegazioni ed esempi per comprendere meglio e con chiarezza a cosa si riferisce e quale atteggiamento o comportamento vuole che cambiamo.
Questa tecnica è molto utile per vari motivi: porta la persona che accusa ad essere più precisa e a dare informazioni sulle sue motivazioni, “smonta” la critica, se questa non è fondata o è rivolta in mala fede, dato che l’interlocutore rimane a corto di argomenti, e può indurre ad un vero cambiamento, se ci si accorge che la critica può essere d’aiuto per la correzione di un nostro comportamento. Inoltre, permette di gestire l’attacco dell’altro, in quanto non si risponde aggressivamente o in modo passivo.
Vediamo alcuni esempi dell’uso della tecnica:
- critica: “Non mi stai aiutando. Sei un egoista.”
Inchiesta Negativa: “In che modo non ti sto aiutando? Come pensi che potrei cambiare?”
C: “Non capisci mai niente.”
I.N.: “Che cosa non ho capito di preciso? Che cosa ti infastidisce del mio modo di agire?”
Le tecniche descritte sono comportamenti assertivi generali che si possono acquisire con la pratica e applicare a qualsiasi situazione sociale. Sono l’espressione di una buona autostima e della fiducia di affrontare i conflitti sociali con sicurezza ed efficacia.
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