I signori Rossi sono a pranzare in un ristorante. Il sig. Rossi ha ordinato una bistecca al sangue, ma quando gliela portano, la trova molto cotta, contrariamente a quanto aveva chiesto.
Il sig. Rossi chiama il cameriere al suo tavolo. Sottolineando che ha ordinato una bistecca al sangue, gli fa vedere quella molto cotta, chiedendo gentilmente, ma fermamente, che sia riportata in cucina e sostituita con quella che aveva originariamente richiesta. Il cameriere si scusa per l'errore, ed in breve tempo ritorna con una bistecca al sangue. I signori Rossi si godono il pranzo, danno la mancia e il sig. Rossi si sente soddisfatto di sé. Il cameriere è compiaciuto per il cliente soddisfatto e per la mancia adeguata.
Il sig. Rossi si è comportato assertivamente.
Siamo assertivi quando: accettiamo il punto di vista altrui; non giudichiamo; non insultiamo o colpevolizziamo gli altri; ascoltiamo il parere altrui, ma decidiamo in modo autonomo; siamo pronti a cambiare la nostra opinione; non permettiamo che gli altri ci manipolino; non pretendiamo che gli altri si comportino come fa piacere a noi; ricerchiamo l’altrui collaborazione; ci valutiamo in modo adeguato. Assertività è sinonimo di affermatività: difendere e far valere i propri diritti, esprimere i propri sentimenti, chiedere ciò che si desidera, esporre i propri punti di vista, affermare le proprie scelte con integrità, onesta, franchezza e rispetto degli altri.
L’assertivo si colloca tra il passivo e l’aggressivo.
Non cadendo nella “sfida” dell’aggressivo e non infierendo sul passivo, l’assertivo rispetta se stesso e gli altri nella stessa misura ed. è in grado di gestire le relazioni interpersonali senza provare disagio. Nell’affrontare le situazioni di disagio l’assertivo si focalizza su se stesso, laddove il passivo e l’aggressivo si concentrano sugli altri per diminuire il loro disagio.
L’assertivo dice “Io”, il passivo e l’aggressivo dicono sempre “Tu”: “Tu mi fai star male”, “Tu non mi capisci”. Notate la differenza tra il dire con fermezza: "Sono esasperato dal tuo modo di fare!" e: "Sei un gran maleducato…”. Le persone che esitano perché non sanno cosa dire, scoprono che la pratica del dire qualcosa, dell'esprimere i propri sentimenti sul momento, è un apprezzabile gradino verso una maggiore assertività.
L’assertivo parla dei suoi sentimenti personali, non di "cose oggettivamente giuste". Non fa la predica agli altri su ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma si concentra sulla proprie inclinazioni personali, senza considerarle regole universali. Usa frasi che iniziano con “Mi sento”: “Mi fa arrabbiare che tu... Non mi piace che tu...”. Non si mette sulla difensiva, non giustifica troppo le sue emozioni, può però fornire ragioni. Inoltre, chiede cambiamenti specifici di comportamento. Esprime esattamente all'altro cosa si aspetta che faccia per risolvere la situazione, consapevole che le sue richieste possono essere rifiutate.
Critica i comportamenti, non le persone. Dice: "Non mi piace che butti a terra i calzini", non: "Sei disordinato". Sa quali sono i suoi scopi. Se l'altro protesta, ha imparato a rimanere semplicemente sulla sua posizione, continuando a non perdere di vista il suo obiettivo. Le persone hanno il diritto, ma non l’obbligo di essere assertive. Nelle scelte individuali siamo responsabili delle conseguenze delle nostre scelte. Ciò che è importante è l’esistenza o meno di una scelta reale.
Alcune persone non possono scegliere di essere assertive a causa dell’ansia, di scarse abilità sociali o di rigide convinzioni su ciò che è giusto o sbagliato. La meta finale è esprimere noi stessi onestamente e spontaneamente e allo stesso tempo incoraggiare ed accettare questo comportamento negli altri.
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