giovedì 4 giugno 2009
Il Disturbo da Deficit dell'Attenzione e Iperattività (introduzione).
Immaginate di vivere in un caleidoscopio in veloce movimento, dove suoni, immagini e pensieri cambiano costantemente. Di provare noia facilmente, di non riuscire a rimanere concentrati sulle attività che bisogna completare. Di essere distratti da suoni e stimoli visivi, in modo tale che la vostra attenzione si sposta repentinamente da un pensiero all’altro, da un‘attività all’altra. Forse siete così coinvolti in un’intricata rete di pensieri e immagini che non vi accorgete quando qualcuno parla con voi.
Per molte persone, soffrire di queste caratteristiche vuol dire essere affetti da un Disturbo da Deficit dell’Attenzione e Iperattività o DDAI (ADHD in inglese). Queste persone possono essere incapaci a rimanere sedute e ferme, a progettare in anticipo, a finire le attività che si sono iniziate, o a essere pienamente consapevoli di quello che sta accadendo loro intorno. Agli occhi dei loro familiari, compagni di classe, o colleghi di lavoro, esse sembrano vivere in un turbine di attività disorganizzate e frenetiche. Inaspettatamente (alcuni giorni e in alcune situazioni) sembrano stare bene e ciò lascia presupporre che le persone con DDAI, in realtà, siano in grado di controllare i loro comportamenti. Come risultato, il disturbo può rovinare le relazioni interpersonali di queste persone, oltre che limitare e distrugger loro la vita, prosciugarli di energia, e diminuire l’autostima.
Il DDAI, un tempo chiamato disfunzione cerebrale minimale o ipercinesi, è uno dei più comuni disturbi mentali tra i bambini e i ragazzi. Colpisce dal 3 al 5% dei bambini, circa 2 milioni di bambini americani. I maschi sono colpiti in proporzione due o tre volte di più delle femmine. Negli Stati Uniti, in media, almeno un bambino in ogni classe soffre di questo disturbo e ha bisogno di aiuto. Spesso l’DDAI continua nell’adolescenza e in età adulta, e può interferire significativamente nella vita quotidiana, causando intense sofferenze emotive e distruggendo sogni e speranze.
Ma c’è aiuto e speranza. Nell’ultimo decennio, gli scienziati hanno imparato molto sul decorso del disturbo e sono ora in grado di identificarlo e trattare i bambini, gli adolescenti e gli adulti che ne soffrono. Un’ampia gamma di farmaci, terapie di modificazione comportamentale e opzioni educative sono attualmente disponibili per aiutare le persone con DDAI a focalizzare la loro attenzione, ad aumentare la loro autostima e ad acquisire nuove capacità e abilità per migliorare la qualità della vita.
Questo articolo è parte della traduzione dall’inglese (eseguita da me, insieme ad alcuni colleghi) di un documento di pubblico dominio realizzato dall’Istituto Nazionale di Salute Mentale (NIMH), che potete trovare in originale visitando il sito www.nimh.nih.gov. Il NIMH è l’Agenzia Federale del Governo degli Stati Uniti, che finanzia e costituisce ricerche nazionali per comprendere le interrelazioni tra le varie regioni del cervello e le loro funzioni, per sviluppare misure preventive e nuovi trattamenti per superare i disturbi mentali che limitano le persone a scuola, al lavoro e nel tempo libero. In sintonia con lo spirito di quei ricercatori, motivati a divulgare una conoscenza scientifica dei problemi comportamentali e psicologici, nel prossimo articolo approfondiremo le caratteristiche del DDAI.
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