In articoli precedenti ho spiegato come ogni persona ha delle idee sia sulle cause della sofferenza (propria e altrui), sia su come si potrebbe agire per risolverla. Queste opinioni, il più delle volte, si basano però su una psicologia ingenua o teorie naif, più o meno distanti dal modello professionale dello psicoterapeuta.
Tra le teorie naif più comuni quella dell’incapacità riguarda l’idea secondo cui la propria sofferenza è causata da fattori interni alla persona come la mancanza di abilità, la mancanza di impegno o dalla conseguenza dei propri errori. Chi crede ciò pensa di stare male perché non riesce o non è stato in grado di evitare un certo danno (ad es. essere lasciato dal partner, sbagliare un esame, ecc..) o di ottenere un bene (ad es. essere amato, lodato, ecc..) e che potrà stare meglio solo se otterrà quello che desidera. Il motivo è quindi da rintracciare nella propria scarsa motivazione, ignoranza, insufficiente abilità, debolezza di carattere, ecc..
Invece, secondo la teoria del malfunzionamento biochimico o del sistema nervoso la sofferenza è causata dal funzionamento sbagliato del cervello o da una forza irrazionale come l’inconscio o l’emozioni indipendenti dalla propria razionalità che fanno agire l’individuo in modo non voluto. Chi pensa questo immagina che l’unico modo per stare bene sia vincere la battaglia contro i propri impulsi ed istinti.
Un’altra teoria ingenua attribuisce la sofferenza a cause esterne impersonali, ossia alla sfortuna, alla mancanza di soldi, agli astri, a forze o energie negative al di fuori del proprio controllo. Chi pensa questo vede se stesso essenzialmente alla mercé di cause esterne e quindi si percepisce come una vittima. Crede, inoltre, di poter stare meglio solo se l’ambiente in cui si trova sarà disponibile e benevolo nei propri confronti. Così non fosse, continuerà a stare male.
La teoria relazionale fa risalire la sofferenza al tipo di reazioni che una persona intrattiene con chi la circonda. Conflitti interpersonali, mancanza di affetto, esperienze traumatiche determinerebbero sofferenza indipendentemente dal modo in cui una persona valuta questi eventi. Va da sé che si può star bene solo se si riceve tutto ciò che è mancato nel passato o tutto ciò che si desidera in una relazione o portando a galla quelle esperienze traumatiche probabilmente inconsce che in qualche modo influenzano il proprio presente.
Altre teoria, come quella dello scienziato, dell’artista o dell’esploratore, invece, sono molto più vicine alle teorie psicologiche sulla sofferenza. Queste ultime sostanzialmente vedono l’individuo come un soggetto attivo che costruisce ipotesi o la realtà in forme diverse per raggiungere scopi e migliorare la propria conoscenza di sé e del mondo, procedendo per congetture e verifiche, per cui individuano nel soggettivo modo di vedere le cose la causa della sofferenza. La guarigione deriverebbe dalla comprensione di come si vedono le cose, dall’imparare a valutare in modo diverso se stessi e il mondo e dall’emettere nuovi tipi di comportamenti.
Qual è la vostra personale teoria sulla sofferenza e la guarigione?