giovedì 19 marzo 2009
Gestire le critiche.
Vi è difficile esprimere una critica?
Spesso non è facile dire quello che c’infastidisce, in quanto temiamo di ferire gli altri e di rovinare il nostro rapporto con loro. La critica non espressa, però, a lungo andare compromette la relazione molto più di quella espressa apertamente ed oggettivamente. A volte riteniamo che gli altri siano più vulnerabili di quello che sono in realtà, che potrebbero fraintendere una critica o prenderla come un rifiuto della propria persona. Oppure, può accadere il contrario: quando riceviamo una critica siamo noi ad interpretarla come un attacco, come un rifiuto o come un giudizio negativo.
In generale, ci sono due tipi di critiche: quelle costruttive e quelle manipolative.
Riconoscerle permette di reagire nel modo appropriato e di mantenere nel tempo il rapporto con gli altri.
Le critiche costruttive fanno parte di una comune conversazione, mirano infatti, a fornire informazioni utili per la soluzione di un problema, per chiarire la natura di una lamentela o per esprimere un’opinione giustificata rispetto alla situazione. Ciò che differenzia, però, una critica costruttiva dalla critica manipolativa è il suo limitarsi a descrivere i fatti, precisamente è riferita ai comportamenti, non alle persone. Può essere perciò tanto un rimprovero per uno sbaglio commesso in ambito lavorativo, quanto un suggerimento disinteressato in un dialogo piacevole.
La critica manipolativa, invece, è un attacco all’integrità della persona. Chi manipola non lo fa allo scopo di mantenere o arricchire (appunto rendere costruttivo) un rapporto, tende piuttosto a prevaricare ed a imporsi emettendo giudizi sulla persona che ha sbagliato, invece che sul suo comportamento (reale oggetto dell’errore).
Le critiche manipolative si possono suddividere in quattro categorie: la colpevolizzazione, l’inferiorizzazione, l’imprevedibilità e la benevolenza.
Tutti noi nel corso delle nostre relazioni sociali mettiamo in atto queste strategie manipolative per ottenere, a volte inconsapevolmente, determinati scopi. Perché questi comportamenti, come approfondiremo nei prossimi articoli, sono efficaci modalità per ottenere una riduzione del nostro disagio e/o per indurre gli altri ad agire secondo il nostro volere.
E’ importante capire se possiamo fare a meno di utilizzarli per raggiungere gli stessi obiettivi senza creare disagio agli altri e senza cadere in comportamenti passivi o aggressivi. Il passivo, infatti, accetta tutte le critiche come fossero vere e tenta di cambiare se stesso per piacere agli altri. Questo è pericoloso, soprattutto se una critica è ingiustificata o non corretta.
L’aggressivo, invece, contrattacca immediatamente ponendo fine alla comunicazione. Mentre l’assertivo è in grado di accettare una critica costruttiva, non permette agli altri di manipolarlo e fa critiche, senza che ciò colpisca la dignità o l’integrità altrui.
Critichiamo e siamo criticati, dunque è saggio e salutare accettare le critiche e analizzare se sono costruttive o manipolative. Non tutte le critiche sono utili, non tutte le critiche sono vere, non tutte le critiche sono giustificate, non tutte le critiche sono corrette, ma si può imparare a gestirle efficacemente.
Lo stile di attaccamento sicuro.
Il sistema motivazionale dell’attaccamento è un sistema biologicamente preordinato a ricercare la vicinanza delle figure di protezione e di accudimento. E’ attivo sin dalla nascita, e collegato a questo è il sistema motivazionale dell’esplorazione che spinge verso la conoscenza del mondo. L’interazione reciproca tra questi due sistemi viene mediata attraverso la relazione che il bambino instaura con le figure di attaccamento (di solito la madre).
Complementare all’attaccamento è il sistema motivazionale di accudimento, sistema innato predisposto a fornire cure e protezione a chi ne ha bisogno. Le emozioni associate all’attaccamento sono generalmente la gioia e la tenerezza della vicinanza, quando l’attaccamento viene ottenuto, l’ansia, la paura della separazione e la tristezza, allorché il legame non viene garantito.
Gli stili di attaccamento più diffusi e conosciuti sono tre: sicuro, evitante e resistente alla separazione.
Nella modalità di attaccamento sicuro, il bambino ha fiducia nella disponibilità e nel supporto della figura di attaccamento, nel caso si verifichino condizioni avverse o di pericolo e si sente libero di esplorare il mondo. Tale stile è favorito da una figura di attaccamento ricettiva ai segnali e ai bisogni del bambino, disponibile e pronta a dargli protezione nel momento in cui il bambino lo richiede. Il bambino, infatti, riceve affetto e sicurezza da una madre accudente, che però lo lascia esplorare il mondo, vegliando, allo stesso tempo, che non si metta in gravi pericoli.
Il bambino è quindi in grado di esplorare attivamente l'ambiente sia in presenza che in assenza della madre e accoglie la madre quando questa ritorna, facendosi consolare se si trova emotivamente a disagio. Se le prime esperienze di attaccamento non vengono frustrate, non sono incostanti o dolorose e rifiutanti, il bambino svilupperà una fondamentale fiducia positiva in se stesso e negli altri.
Questa fiducia di base rende sicuri dell’esistenza di un mondo che riconosce i nostri bisogni, che li comprende e per questo ci fa sentire degni d’attenzione, d’accoglienza, capaci di ricevere e dare affetto e di formulare pensieri e convinzioni positivi su noi stessi e sugli altri. In età adulta, la persona che ha sviluppato questo stile di attaccamento è in grado di chiedere e accettare aiuto in modo adeguato.
I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile di attaccamento nell’infanzia e nella vita adulta sono: sicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di essere amabile, capacità di sopportare separazioni e distacchi prolungati, nessun timore di abbandono, fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri.
Complementare all’attaccamento è il sistema motivazionale di accudimento, sistema innato predisposto a fornire cure e protezione a chi ne ha bisogno. Le emozioni associate all’attaccamento sono generalmente la gioia e la tenerezza della vicinanza, quando l’attaccamento viene ottenuto, l’ansia, la paura della separazione e la tristezza, allorché il legame non viene garantito.
Gli stili di attaccamento più diffusi e conosciuti sono tre: sicuro, evitante e resistente alla separazione.
Nella modalità di attaccamento sicuro, il bambino ha fiducia nella disponibilità e nel supporto della figura di attaccamento, nel caso si verifichino condizioni avverse o di pericolo e si sente libero di esplorare il mondo. Tale stile è favorito da una figura di attaccamento ricettiva ai segnali e ai bisogni del bambino, disponibile e pronta a dargli protezione nel momento in cui il bambino lo richiede. Il bambino, infatti, riceve affetto e sicurezza da una madre accudente, che però lo lascia esplorare il mondo, vegliando, allo stesso tempo, che non si metta in gravi pericoli.
Il bambino è quindi in grado di esplorare attivamente l'ambiente sia in presenza che in assenza della madre e accoglie la madre quando questa ritorna, facendosi consolare se si trova emotivamente a disagio. Se le prime esperienze di attaccamento non vengono frustrate, non sono incostanti o dolorose e rifiutanti, il bambino svilupperà una fondamentale fiducia positiva in se stesso e negli altri.
Questa fiducia di base rende sicuri dell’esistenza di un mondo che riconosce i nostri bisogni, che li comprende e per questo ci fa sentire degni d’attenzione, d’accoglienza, capaci di ricevere e dare affetto e di formulare pensieri e convinzioni positivi su noi stessi e sugli altri. In età adulta, la persona che ha sviluppato questo stile di attaccamento è in grado di chiedere e accettare aiuto in modo adeguato.
I tratti che maggiormente caratterizzano questo stile di attaccamento nell’infanzia e nella vita adulta sono: sicurezza nell’esplorazione del mondo, convinzione di essere amabile, capacità di sopportare separazioni e distacchi prolungati, nessun timore di abbandono, fiducia nelle proprie capacità e in quelle degli altri.
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